Festa dei lavoratori – Il precariato e la Costituzione

Ciao Diario oggi ti parlo della Festa dei lavoratori – Il Precariato e la Costituzione

< Ciao! Ma precariato e costituzione non vanno di pari passo in una Repubblica democratica fondata sul lavoro! Non dovresti neppure scrivere le due parole affini, ma dovresti esprimere un pensiero di uguaglianza tra le parti che cooperano per raggiungere l’obiettivo del lavoro: capitalismo e lavoratori.>

Eppure, nel 2023, si riaffaccia come negli anni 90, lo spettro dello sfruttamento del lavoratore.

La morsa del capitalismo, appoggiata dalla classe politica, vuole un identità costituzionale diversa e gioca con i Decreti per il patto sul lavoro, che pur non intaccando il radicato scritto costituzionale, riesce a manovrarla.

Basti spostare il pensiero e si comprende come l’attuale classe dirigente privilegi il ballo del precariato, per rendere la vita del cittadino instabile, togliendo il diritto di un futuro sia in gioventù che in vecchiaia, annullando quasi le pensioni, così da renderlo inerme nel pensiero e togliere le forze alla lotta contro le disuguaglianze, concentrando le azioni quotidiane alla sopravvivenza.

E’ un meccanismo facile per chi legifera e per chi gestisce la vita del paese, sopratutto se all’interno delle fila del labirinto del Parlamento, la vita del capitalismo è fonte di produttività! Un governo alleato con chi dell’Italia ne ha fatto fonte di beneficio a danno del cittadino, sfruttandolo e arricchendosi, è la risposta alla dominanza nel mercato del lavoro e allo sfruttamento.

Ci inculcano il valore di “accontentarci di ciò che troviamo”, senza potere perseguire i sogni di ognuno di noi,

ciò comprime la dignità della persona che, per la sopravvivenza di se stesso e del nucleo familiare che lo accompagna, si umilia e non ha capacità di ribellione.

I giovani non hanno futuro, le università si svuotano, la scuola superiore, il cosiddetto, “diploma”, che un tempo era di riferimento sociale per chi non poteva o non voleva studiare, è diventata la scuola del demerito presentandoti in società, non hai sbocchi se non quello di svolgere attività che non sono affine con la realizzazione della propria identità. Se sei diplomato non servi a niente! Negli anni 70 e 80 il diploma ti permetteva di lavorare in contesti sociali diversi, poi lo stato a cavalo degli anni 90, ha rallentato l’occupazione e ha mosso le fila tra la scuola pubblica, alzando le differenze sociali, portando i giovani nel baratro del precariato! A chi sia servito, oggi, ne viviamo al risposta!

La classe selettiva pone in essere il pensiero della cultura rivolta a chi può pagarsi gli studi opprimendo la scuola pubblica con la parola “Merito”.

L’insediamento di questo governo ha reso noto, con i fatti dell’Università presso La Sapienza, come vuole entrare con prepotenza, nella scuola pubblica, imponendo il pensiero estremista di una società volta alle differenze sociali, dividendo la formazione in classe operaia e classe di “merito”. Gli studenti si ribellano e oggi lottano per difendere i diritti del loro futuro.

Nel 2023 i giovani avrebbero dovuto lottare per continuare a migliorare la vita sociale attraverso l’istruzione ricevuta e il lavoro sviluppato in forma equa. Così continuiamo a fare “Resistenza” contro le sette disorganizzate estremiste della società civile.

Il Primo maggio è la festa anche della Resistenza.

La recessione portata del governo Berlusconi e il precariato imposto, ha reso debole la prospettiva di un Italia che vuole crescere culturalmente. I meritevoli vanno via dal nostro paese per trovare futuro stabile in altre nazioni. Tornano timidamente alla chiamata del colle, per rendere onore al nostro paese, ricevendo la medaglia di “cavaliere del lavoro”, anche per questo gesto farei fare una profonda riflessione alle istituzioni: quanto peso ha, in un periodo di disuguaglianza, il “merito” ad uno e il “non merito” all’altro che non è riuscito a causa della ferocia delle azioni di governo che hanno depredato le possibilità di farcela?

Ma mi rendo conto che, esiste ancora, lo spettro monarchico che un tempo insigniva di medaglie e titoli creando una gerarchia sociale! Nulla da dire su chi approfitta dei viaggi di lavoro politici e poi si fa le vacanze con la famiglia o si scarrozza da una regione all’altra con l’aereo di stato, vedesi in pandemia quando la gente crepava e il politico, alta carica del senato, prendeva l’aereo di Stato per evitare di infettarsi!

<Cosa centra con l’argomento lavoro?>

E’ il classismo l’elemento che strugge la società in piccole parti per ottenere il fagocito perbenismo, fa parte di quella tipologia di idea dello Stato, pensato come se fosse la propria azienda, quindi da sfruttare tutto ciò che si pensa appartenga in quanto politico dominante sul popolo!

E nel mondo del lavoro restano ben saldi coloro che: si inchinano alle classi capitaliste, che li dominano con il plagio del beneficio di un introito che garantisce il benestare, sfruttando contratti aleatori voluti da chi, ogni giorno, gestisce il lavoro sotto forma di precariato.

Poi ritornando al concetto del lavoro come mansione operaia, c’è chi, assunto da un azienda, svolge la sua mansione ed è sfruttato con il contratto precario/occasionale, lavori a giornata e ti sfami secondo quanto vieni sfruttato, Che dire di coloro che producano a partita Iva e che l’attuale governo agevola, ma che risultano essere la prima scorciatoia del meccanismo al precariato. Gente che produce reddito pagando lo Stato e che lo Stato sfrutta.

Per chi viene assunto con i contratti a tempo determinato, le condizioni di sfruttamento valgono finché produci, poi nessuno ti garantisce una continuità e questo porta a compromessi contrattuali di salario con i cosiddetti inquadramenti di livello, numerati come le vacche da macello: I, II, III, IV, V, VI; fino ad arrivare ai contratti a tempo indeterminato, su una base salariale che non ti permette di vivere ma di galleggiare. Nessuna risposta dallo Stato in aiuto al lavoratore, se non un accanimento contro il povero.

Il governo Conte istituisce il Reddito di Cittadinanza

ottima formula che avrebbe dovuto combattere la povertà, e inserire nel mondo del lavoro, ma è diventata la sfida tra destra e sinistra, e la mafia, si è, come da sempre, insediata in questo contesto. Per non garantire reddito al povero e non perdere dominanza sull’economia, è riuscita a mettere a tappeto il sistema, rubando allo Stato e facendo diventare la questione Redditto di Cittadinanza, la misura di contrasto tra le parti politiche. Non è certo la misura ad essere errata, ma è certa la propensione della mafia a garantire certa politica che l’appoggia nel contesto socio economico sociale. Quindi è bene sviluppare il pensiero e non focalizzarsi su ciò che ci raccontano per addormentarci. Spaziamo la mente e cerchiamo di comprendere perchè accade e guardare il lato inverso di ciò che ci propinano.

Lascio Diario le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione della celebrazione della “Festa del Lavoro” al Distretto della Meccatronica di Reggio Emilia, e allo stabilimento Landi Renzo/AEB S.p.A. di Corte Tegge di Cavriago,

nel video si vedono i lavoratori e la classe dirigenziale.

Ti descrivo la scena, la classe dirigenziale in giacca e cravatta accoglie il presidente nella boriosità della sua sicurezza, padrone del capitale, trasportando la figura presidenziale tra le macchine produttrici, tra loro gli operai che svolgono attività di messa in opera, alcuni non staccano l’azione meccanica che svolgono al passaggio del Presidente,

il padrone vuole che si veda come funziona e come lavorano, devono rappresentare l’azienda e fare vedere che, quello è il comando, altri si avvicinano al Presidente, è stato dato l’ordine di presentarsi e di far notare di essere tranquilli nel contesto aziendale, traspare l’emozione degli operai mentre il Presidente li ascolta nella descrizione delle mansioni produttive, sentendo la responsabilità del proprio compito e le conseguenze che ne derivano, se sbagli il padrone punisce; e così tra i passanti viene messo in mostra anche l’assunzione di persone con etnia diversa, bisogna fare capire che si è globalizzati, e si conclude lo specchio del padrone e dell’operaio.

Dietro tutta questa bella passerella di quanto sono bravi e produttivi per il bene del paese,

ci sono le forme contrattuali, le ore di lavoro, la sicurezza sul lavoro, i decreti che tutelano la classe dirigenziale e bastonano la classe operaia.

Bisognerebbe chiedere a ciascuno lavoratore operaio, i pro e i contro del lavoro, raccontarci come vivono, capire come cambia la loro vita e il tenore stesso della qualità della loro vita, dopo aver trascorso ore, settimane, mesi e anni, dietro una macchina, si dovrebbe dare garanzie contrattuali maggiori per non rischiare la vita ogni giorno, per non aspettarsi da un momento all’altro un licenziamento a causa di forza maggiore come in pandemia!

Che dire della cassa integrazione, il parcheggio dei dipendenti per poter fluttuare nell’attesa di essere flagellati nel mondo della disoccupazione! A proposito della disoccupazione, l’ammortizzatore di coloro che si mettono in fila ai centri di collocamento che, attraverso l’introduzione delle agenzia interinali, volute dalla politica di destra, non hanno alcuna funzione sul tessuto sociale! Negli anni 80/90 funzionavano, dovevi timbrare il tesserino del lavoro per entrare in una graduatoria che ti permetteva di poter lavorare, ma anche questo al governo non è piaciuto, non era fonte di precariato!

Caro presidente, il suo gesto di far vedere l’azienda produttrice nel nord italia, dove stanno bene e dove la disoccupazione non influisce sulla povertà in maniera esorbitante, è stato bello,

ma parlando di unità d’Italia e facendo vedere, in questo contesto, la differenza e lei sottolineandola nel suo discorso, le ricordo che, nel sud Italia, i giovani sono sfruttati dall’azione del padrone che ricatta il lavoratore o sottopagandolo o sfruttandolo, garantendo il lavoro non legale. I giovani che cercano di avere un futuro imprenditoriale si scontrano con il sistema della mafia, radicato al sud, per volere dei governi passati e presenti, che hanno voluto un covo per le mafie, portando il regresso, in quello che ogni anno per il nord, diventa la piscina d’Italia e sfruttandolo solo con il termine il sud è turismo!

E’ così riprendo sempre, spuntando il suo discorso, le parole sull’uguaglianza e l’unità che vengono meno, e che sono avvallate da un governo che garantisce la secessione e la diversità per merito. Allora mi chiedo, anziché far vedere l’eccellenza in questo momento, non era più opportuno far vedere al secessionista del governo come il lavoro esiste a chiazze e in forme diverse e portando la realtà agli occhi di chi la maschera e scappa come codardo dalla terra del sud? Ma voglio mettermi nei suoi panni e comprendere la sua scelta e portarla sul filone da lei voluto quando al termine del suo discorso menziona più volte l’azione dei sindacati e la lotta operaia! Magari in molti non lo comprendono, perchè vivendo ogni giorno la quotidianità veniamo forviati, ma le lotte operaie sono già in atto!

A presto

Festa dei lavoratori - Il precariato e la Costituzione -
29 Aprile – Discorso del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Distretto della Meccatronica di Reggio Emilia in occasione della celebrazione della “Festa del Lavoro”

Celebriamo il valore della giornata del 1° maggio con necessario anticipo, nel cuore del distretto della Meccatronica, qui a Reggio Emilia.

Dopo l’anno scorso, a Udine, anticipiamo anche questa volta la celebrazione della Festa del Lavoro in un luogo di lavoro che guarda all’innovazione.

Una realtà che ribadisce il valore costituzionale del lavoro e che sottolinea, al contempo, come esso si confermi il motore della crescita e della coesione sociale della Repubblica.

È il lavoro che ci mette di fronte alle sfide nuove, alle necessità e a bisogni emergenti, per chiederci come rilanciare il nostro Paese in Europa e nel mondo.

Il lavoro è stato lo strumento che ha permesso e favorito la mobilità sociale.

È stato ed è misura del contributo ai doveri inderogabili di solidarietà tracciati dalla Costituzione.

Il lavoro è ciò che mette ogni cittadino nella condizione di scegliere il proprio posto nella vita della comunità.

E il lavoro riguarda le persone.

Quel capitale umano che è all’origine dell’esperienza che qui, oggi, viene messa in rilievo con l’immagine della fabbrica come “cantiere permanente” evocata dalla Presidente Anceschi.

Un cantiere in cui, ogni giorno, si guarda avanti, non accontentandosi della difesa, del galleggiamento, di una visione di mera conservazione del tessuto industriale esistente.

Certo, serve, come è stato osservato, un eco-sistema adeguato, che permetta alle imprese di generare valore e occupazione, di far crescere la produttività attraverso i necessari investimenti.

Di creare, come qui è avvenuto, filiere produttive accompagnate da dialogo sociale e da rapporto costruttivo con le istituzioni.

Il riferimento al Patto del Lavoro sottoscritto fra Regione Emilia-Romagna, forze sociali e istituzioni, le Università, viene alla mente immediatamente, con la varietà delle iniziative che ne sono derivate.

Il confronto con l’integrazione del mercato in Europa e poi globale, con i risultati di crescita a doppia cifra dell’export – confermato anche nei momenti più avversi della congiuntura dopo la folle guerra scatenata dalla Federazione Russa in Ucraina – e nonostante l’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime, ribadisce il valore del modello dei distretti industriali presenti nel nostro Paese.

È ulteriormente incoraggiante, sul piano generale, la crescita del PIL oltre le previsioni.

Il distretto come esso stesso catena di valore.

Fabbrica, a un tempo, diffusa e integrata, alla prova, ormai – e non a caso siamo sul terreno della meccatronica – della gestione della governance dei dati, come ci ha ricordato il presidente Rocchi e, alla prova, inevitabilmente, dell’intelligenza artificiale, con i benefici e le incognite che ne scaturiscono.

Tutto questo nella consapevolezza che ne deriva una trasformazione del lavoro e che dà origine contemporaneamente – come risultante del dialogo fra le parti sociali – a nuovi diritti, come quello, richiamato, di un vero e proprio diritto soggettivo alla formazione in capo al lavoratore, per difendere l’occupazione.

Si affaccia un nuovo mondo del lavoro e si affianca a quello esistente e dobbiamo saper inverare i principi costituzionali nei nuovi modelli produttivi con eguale saldezza.

Ci troviamo – ripeto – in un ambito territoriale di eccellenza della nostra industria, che ha già saputo porsi, ad esempio, il tema della industrializzazione della nuova mobilità e dei processi che dovranno caratterizzarla, senza complessi di inferiorità rispetto ad aree di altri Paesi.

Una grande capacità di innovazione resa possibile dalla passione degli imprenditori, dal contributo dei lavoratori alla vita e agli obiettivi dell’impresa, al rapporto con il mondo della ricerca.

Se siamo usciti a testa alta dalla pandemia, e dalle più pesanti conseguenze sociali dovute al prolungato rallentamento delle attività, lo dobbiamo anche alla forza della nostra industria manifatturiera e, dentro di essa, alle aziende più innovative protese sui mercati internazionali.

Esempio di quanto la fiducia e la determinazione possono permettere di raggiungere.

E l’immagine del cantiere riporta al Cantiere Italia, al cantiere del PNRR, con la ineguagliabile opportunità che offre per ridurre e colmare ritardi strutturali, per sostenere strategie di crescita e per favorire, con l’innovazione, più diffuse opportunità.

Opportunità che interpellano il sistema delle imprese per mettere a terra le diverse iniziative.

La memoria riporta ad altri momenti significativi del dibattito per trasformare l’economia italiana e per puntare alla piena occupazione.

Dal Piano del lavoro proposto dalla Cgil di Di Vittorio nel 1949 alla proposta di Schema di sviluppo dell’occupazione e del reddito in Italia nel 1955, voluto dal Ministro Vanoni, di cui ricorrono, quest’anno, 120 anni dalla nascita.

Quello statista aveva indicato come obiettivi da perseguire quelli della piena occupazione, della riduzione degli squilibri Nord-Sud, del risanamento del bilancio dello Stato.

Uno sforzo che partiva dalla convinzione di come il mondo del lavoro fosse la locomotiva di un Paese che vuole avanzare.

Partiva dalla consapevolezza che il lavoro costituisce indice di dignità.

Del rapporto stretto che interviene tra lavoro, coesione sociale e saldezza delle istituzioni e, dunque, della democrazia.

Lavoro, dunque, per un esercizio pieno dei diritti di cittadinanza.

Lavoro come antidoto, come strumento efficace per combattere in modo proficuo discriminazioni e illegalità diffuse.

Il lavoro è parametro che permette di misurare l’effettivo livello di parità, sul terreno della occupazione e dei salari, tra donne e uomini. Al fine di verificare il rispetto di quanto disposto dall’art. 37 della nostra Costituzione: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”.

L’unità del Paese significa anche unità sostanziale sul piano delle opportunità di lavoro.

Significa impegno per rimuovere le disuguaglianze territoriali.

Presidiare e promuovere l’unità significa anche tutto questo.

Il lavoro è indice di dignità perché è strettamente collegato al progetto di vita di ogni persona.

E, allora, mentre talvolta affiora la tentazione di arrendersi all’idea che possa esistere il lavoro povero, la cui remunerazione non permette di condurre una esistenza decente, è necessario affermare con forza, invece, il carattere del lavoro come primo, elementare, modo costruttivo di redistribuzione del reddito prodotto.

Il Primo Maggio, che qui celebriamo per tutta Italia, è la festa quindi della dignità del lavoro.

È la festa della Repubblica fondata sul lavoro.

Il lavoro è un diritto. Luigi Einaudi – rigoroso maestro liberale di economia – in risposta all’appello di Giorgio La Pira, definito “in difesa della povera gente”, in cui indicava la lotta alla disoccupazione e lo sradicamento della miseria come impegno primario dello Stato – siamo nel 1950 – affermava che “lo Stato moderno ha come primo compito di non creare disoccupazione e miseria”, elencando i motivi che le aggravano.

Il lavoro è anche un dovere.

Ce lo ricorda l’art.4 della Costituzione: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”.

Per proseguire: “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.

Ecco perché favorire l’ingresso nel mondo del lavoro è compito delle autorità pubbliche preposte che devono creare le condizioni affinché le imprese possano svilupparsi.

E l’intervento del Ministro del lavoro – che ringrazio – manifesta questa consapevolezza.

Ma, come noto, il richiamo ai valori fondanti della nostra società è ben più impegnativo.

La Repubblica – sappiamo – è “fondata sul lavoro”.

Abbiamo adempiuto appieno a questo precetto?

Abbiamo saputo, nei 75 anni di Costituzione repubblicana, promuovere sempre le condizioni per rendere effettivo per tutti il diritto al lavoro?

È una missione che non appartiene soltanto ad alcuni ma riguarda l’intera società.

Ancora, trovano piena applicazione l’art.36 della Costituzione: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”?

L’art. 37, che prima ho ricordato, per la parità tra donne e uomini nel lavoro, afferma anche che “La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato”. E che “La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione”.

Un recente rapporto ha posto in evidenza come il lavoro minorile sfruttato sia ancora una piaga presente.

Lo sfruttamento ai danni dei minori costituisce un grave furto di futuro, sottraendo questi ragazzi alla scuola e spingendoli verso la marginalità.

È un tema che riguarda anche la condizione di molti lavoratori immigrati.

Altro aspetto da porre in primo piano è quello degli infortuni sul lavoro, che distruggono vite, gettano nella disperazione famiglie, provocano danni irreversibili, con costi umani inaccettabili.

Sappiamo bene che anche le battaglie del movimento sindacale dei lavoratori hanno contribuito in modo significativo a raggiungere traguardi di progresso sociale evidenti e che l’Italia, nella sua trasformazione, ha compiuto giganteschi passi di crescita e di sviluppo.

Ma sappiamo anche che le contraddizioni tendono sovente a riprodursi, come in ogni vicenda umana.

C’è amarezza in chi constata che la piena occupazione, specie per i giovani e le donne, è di là da venire. Così come nel Mezzogiorno.

Persistono frammentazione e precarietà, condizioni di lavoro insicure, divari salariali,; si registra un costo della vita in aumento, in funzione anche delle tensioni internazionali in atto.

Stagnazione salariale e sicurezza sul lavoro, nonostante i passi compiuti, sono temi in perenne discussione.

I rappresentanti sindacali – Bigoni e Perrone – che hanno preso la parola, lo hanno dichiarato e denunciato.

A quale lavoro pensiamo?

Le imprese cercano personale qualificato e formato.

La precarietà come sistema stride con le finalità di crescita e di sviluppo.

Se le cifre sono preoccupanti e note, e denunciano in Italia un alto tasso di inattività rispetto ai parametri europei, una risposta adeguata può venire soltanto da un concreto impegno di mobilitazione collettiva che sappia valorizzare il grande patrimonio di competenze presente nel nostro Paese.

Ampliare la base del lavoro, e la sua qualità, deve essere assillo costante a ogni livello, a partire dalle istituzioni.

Naturalmente, non sarà possibile creare nuovo lavoro, sostenere le innovazioni necessarie, affrontare con coraggio e creatività la competizione dei mercati senza il protagonismo delle imprese, grandi, medie e piccole.

Senza la partecipazione dei lavoratori e dei sindacati, senza il contributo del Terzo settore, senza l’apporto del mondo delle professioni.

Il Primo maggio di quest’anno conferma i grandi valori che ispirano questa giornata di Festa per i lavoratori e per l’intera comunità nazionale.

È una giornata di impegno, perché sollecita a rendere concreta l’affermazione che la Repubblica è fondata sul lavoro, traguardo a cui tendere costantemente.

Buona festa del lavoro a chi il lavoro ce l’ha.

A chi lo crea e a chi lo difende.

Ai Cavalieri e ai Maestri del lavoro.

A quanti non hanno lavoro e lo cercano.

Ai giovani che si vanno formando.

Alle donne, nella realizzazione professionale.

Ai diversamente abili che, nel lavoro, affermano la loro dignità di persone.

A quanti hanno concluso la loro esperienza lavorativa, e hanno partecipato al progresso dell’Italia.

Auguro una giornata serena e festosa ai giovani al Concertone di piazza San Giovanni a Roma. La musica sottolinea anche la connessione di speranza tra le parole “lavoro” e “pace”.

Viva il lavoro.

Viva il Primo maggio.

Viva la Costituzione.  

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