Montalbano – Riccardino – Andrea Camilleri

16 Luglio 2020 Sellerio porta in uscita l’ultima vicenda di Montalbano, Riccardino – Andrea Camilleri

Non che io avessi mai conosciuto Camilleri nelle sue opere, avevo semplicemente sentito parlare in televisione di un suo libro che poi era stato “trasmesso”.

Era seduto su di una poltrona, con la sigaretta stretta tra indice e medio, pronto da un momento all’altro ad accenderla come fosse una specie di gioco alla tentazione tra se stesso intrinseco e quel rotolo di tabacco avvolto in carta bianca. Tanto che, al gesto di accendere la sigaretta, susseguiva nel volto dello scrittore, una felicità immensa per aver fatto passare un pò di tempo in più del previsto prima che la tentazione fosse padrona di se! Insomma potrà sembrare banale, ma è da lì che mi accorsi che ciò che era visibile ad occhio nudo lo sarebbe stato nella lettura dei suoi testi!

Parlava dei suoi scritti polizieschi, il che non mi interessava molto in termini di soggetto della trama, ma mi coinvolgeva nella lettura in quanto amante degli scrittori del sud Italia che, accorpano un linguaggio conservatore meridionale; per farla semplice e breve, Giovanni Verga e il suo Mastro Don Gesualdo rimarrà in me per sempre il padre dell’insegnamento alla lettura.

Mi incuriosiva il linguaggio comunicativo di quest’uomo dalla voce: rauca e calda, lo rendeva accattivante e simpatico. Nonostante dimostrasse il suo essere introspettivo – burbero, esprimeva il pensiero attraverso la sua espressione. L’accento dell’entroterra siciliano di Porto Empedocle in provincia di Agrigento, espressione di un linguaggio quasi confinante a Palermo. L’aspetto fisico: alto, massiccio, di bellezza non bella ma affascinante. Aveva nel suo insieme una particolarità, era ricco di sapere senza tante parole.

Amante del linguaggio siciliano, mi soffermai ad ascoltarlo. In televisione dava un immagine di se spontanea, fregandosene dei mille modi di comunicazione visiva; era semplicemente Andrea Camilleri.

Schivo e attento a non rivelare più di tanto della sua scrittura, ma a trasmettere tutto ciò che può essere “mangiato di cultura” a tutti. Il suo parlare alla platea sembrava volesse dire che la sua missione da scrittore era quella di diffondere sapere in un bagno di folla di cui mai voleva staccarsi.

Così, continuai a scoprirlo in alcune opere scritte che non fosse “quel Montalbano”, che a dire la verità, un pò mi aveva stancato! Il successo del personaggio non lasciava molto spazio all’autore.

Ma lo scrittore rimane fonte di sapere li dove non arriva la popolarità scontata, ma la conoscenza alla lettura. 

Mi piace, mentre leggo Camilleri, come il personaggio principale, diviene azione della trama elemento  ruotante al racconto per far in modo che i personaggi secondari si uniscano e intreccino lo sviluppo del racconto in una trama intricata; essi stessi diverranno, durante il racconto, ancora più protagonisti dello stesso personaggio principale. In ogni azione, ciascuno ha un ruolo determinante, ciascuna azione non rimane singola a un contesto, ma si unisce estrapolando la comunicazione dell’anima al soggetto immaginato.

Montalbano certo ne è l’esempio. Vedere visivamente la scrittura del Maestro su uno schermo tv,  è, e sarà, il più grande regalo alla letteratura italiana che il mondo ci riconosce. E’ riuscito a creare spunti di teatro e intrecciarli con il mondo della televisione, dando un concetto di comunicazione non più volto all’apparire, ma concentrato a seguire il racconto ricco di vicissitudini. Quindi tu spettatore entri dentro al racconto, e vivi Montalbano e le sue vicende, come se fossero le tue: ridi, piangi, mangi, osservi gli ambienti in cui vive, raccogli la cultura e la conoscenza che trasmette; infine, non ti resta che averlo con te e comprare i libri per conoscerlo ancora di più.

E’ riuscito con una macchina da scrivere e un mondo affine a se stesso a portare il linguaggio della comunicazione con principi fondamentali all’umanità che oggi ritroviamo tra noi.

Nel mio piccolo sapere ho colto più che potevo. Mi rimane ora continuare a studiare, sono certa che, come ogni scrittore, il segreto della scrittura sta nell’elaborazione del testo, visto e corretto tante volte o una sola, finché non trovi, la sottile chiave di decisione di pubblicare, con l’intento che il mondo capisca. 

Camilleri è interprete del coraggio di ciascuno di noi per l’espressione del pensiero.

Andrea Camilleri è il frutto nuovo dei Padri contemporanei della lingua Italiana.

Ogni libreria o Biblioteca Italiana ed estera, racconterà di Andrea Camilleri, “Il siciliano Cunta storie che scriveva troppo”! Ha insegnato al mondo ad accorgersi che l’odio non serve, e che bisogna far prevalere il senso di noi se stessi per poterlo dare agli altri.

Ed è così che dopo aver osservato ascoltato e compreso le sue lezioni,

Andrea Camilleri lo porto sempre con me, e siccome ho voluto che metaforicamente mi accompagnasse in libreria, e fosse sempre con me nella mia vita come persona che mi ha formato, l’ho inserito nel testo che ho scritto, prendendo esempio dalle sue parole. Le frasi lasciate dallo scrittore, sono la forza per ciascuno di noi a una visione di se stessi autonoma verso un mondo conformato.

Montalbano - Riccardino - Andrea Camilleri

Le frasi del maestro mi accompagnano in “Il tuo quaderno di cucina”.

Riccardino esce in libreria edito Sellerio. 

Sulla pagina dell’editore si legge:

«A ottant’anni volevo prevedere l’uscita di scena di Montalbano, mi è venuta l’idea e non me la sono fatta scappare. Quindi mi sono trovato a scrivere questo romanzo che rappresenta il capitolo finale; l’ultimo libro della serie. E l’ho mandato al mio editore dicendo di tenerlo in un cassetto e di pubblicarlo solo quando non ci sarò più».

A. C.

Disponibile anche in una edizione speciale che comprende due stesure del romanzo la prima scritta dall’autore nel 2005 e quella definitiva del 2016. 

Il commissario deve sgrovigliare un nuovo caso, il suo ultimo. C’è stato un omicidio. La vittima è il giovane direttore della filiale vigatese della Banca Regionale. Testimoni dell’esecuzione sono tre amici intimi del morto. I quattro hanno condiviso tutto, persino il non condivisibile della vita familiare. Sono stati uno per tutti, tutti per uno: come quattro moschettieri. Il caso sembra di ovvia lettura. Ma contro ogni evidenza, e contro tutti, lui è arrivato alla conclusione che nulla è, in quell’omicidio, ciò che appare. Aguzza lo sguardo. Segue itinerari mentali irti. Analizza e connette. Allarga le indagini. Incappa in personaggi pittoreschi (un uomo-lombrico e una donna cannone capace di avvolgerlo nelle sue voluminose rotondità). Inciampa in un secondo delitto. La svolta è assicurata, eclatante e insospettabile. Si è ritrovato in una pensosa solitudine, Montalbano. Livia era lontana, lontanissima. Augello era assente, per motivi di famiglia. Il commissario ha avuto però la collaborazione intensa dell’anagrafologo Fazio. E ha usato spesso come spalla teatrale il fracassoso Catarella, con le sue sovreccitazioni reverenziali. Molte cose sgomentano i pensieri di Montalbano, in questo romanzo. Gli danno insofferenza, malessere, qualche tormentosa ossessione. Lo stancano. Lo indispongono. Eppure il suo stile investigativo è sempre lo stesso, sorvegliatissimo, sfrontato: fra «sceneggiate», «sfunnapedi», «sconcichi»: giostre verbali e scatti sagaci, a sorpresa. Montalbano, come Personaggio del romanzo, ha dovuto sostenere un confronto impari con l’Attore che lo impersona in televisione (il «gemello» può contare su un pubblico assai più numeroso di quello del Personaggio letterario; e poi sa sempre quello che avviene dopo nella vicenda, mentre lui, Personaggio che consiste nella storia, deve di volta in volta improvvisare, azzardare e scommettersi). A non parlare dell’Autore ottantenne che sta scrivendo «la storia» che il Personaggio «sta vivendo»; e vorrebbe scriverla a modo suo: come romanzo. Montalbano vuole invece vivere la sua vita, in quanto vita. Lo scontro ha accenti pirandelliani.
Questa ultima indagine di Montalbano, Camilleri l’ha scritta tra il 2004 e il 2005. L’ha linguisticamente rassettata nel 2016. Il vigatese è una lingua d’invenzione, viva e fantastica che, con il sostegno dei lettori, si è evoluta negli anni. La sua trama fonica è sempre più diventata un sistema coerente e coeso, con un dialetto che arriva a infiltrare fantasticamente l’italiano. Camilleri ha voluto quindi aggiornare la veste linguistica di Riccardino agli sviluppi che la sua lingua aveva avuto in questi undici anni.

Salvatore Silvano Nigro

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